Stare in piedi non riduce il rischio cardiovascolare e nemmeno quello di vene varicose

Stare in piedi non riduce il rischio cardiovascolare

Negli ultimi anni, il desiderio di ridurre i danni di uno stile di vita sedentario ha portato a soluzioni innovative sul posto di lavoro, come scrivanie regolabili e supporti per stare in piedi. Questi strumenti sono pensati per contrastare l’inattività, ma una nuova ricerca dell’Università di Sydney mette in dubbio l’efficacia di questa strategia nel migliorare la salute cardiovascolare e nel prevenire i problemi circolatori. Lo studio ha rivelato che, sebbene stare in piedi possa essere visto come una pratica più salutare, il vero beneficio per la salute è legato al movimento, piuttosto che al semplice atto di stare in piedi per lunghi periodi che, in sostanza, non riduce né il rischio cardiovascolare né quello di sviluppare insufficienza venosa e vene varicose.

Come è stato condotto lo studio?

Condotto in collaborazione con il Charles Perkins Centre e il Mackenzie Wearables Research Hub dell’Università di Sydney, ha monitorato oltre 83.000 adulti per un periodo di sette-otto anni, sfruttando dati forniti dalla UK Biobank, uno dei più completi database di ricerca sulla salute pubblica. La Biobanca britannica ha raccolto una vasta quantità di dati, tra cui quelli relativi a condizioni mediche e stile di vita dei partecipanti, grazie a dispositivi indossabili. Questi ultimi, indossati come un orologio da polso, hanno consentito ai ricercatori di monitorare la durata di tempo che i partecipanti trascorrevano in piedi, seduti o impegnati in attività fisica.

La domanda a cui rispondere era: il semplice atto di stare in piedi può ridurre l’incidenza di malattie cardiache, ictus e insufficienza cardiaca rispetto allo stare seduti?

La risposta

I risultati, pubblicati sull’International Journal of Epidemiology, hanno rivelato che stare in piedi per lunghi periodi di tempo non riduce il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e non è associato a una migliore salute del sistema circolatorio. Anzi, in alcune persone, stare in piedi per troppo tempo potrebbe contribuire ad aumentare il rischio di problemi circolatori come le vene varicose e la trombosi venosa profonda, condizioni potenzialmente dannose per chi ha già predisposizioni o altri fattori di rischio.

Inoltre è emerso che stare in piedi troppo a lungo non compensa uno stile di vita sedentario. Anche tra coloro che rimangono in piedi per lunghi periodi, non sono emersi benefici significativi per la salute cardiovascolare. Secondo i ricercatori, è l’attività fisica regolare, piuttosto che la posizione posturale, a ridurre i rischi cardiovascolari e a mantenere una buona salute generale.

Perché l’inattività è dannosa?

Restare seduti per lunghe ore è associato a un aumento del rischio di diverse malattie croniche, tra cui patologie cardiovascolari, obesità, diabete e alcuni tipi di cancro. Ma come abbiamo visto, lo studio evidenzia che rimanere in piedi per lunghi periodi non rappresenta un’alternativa valida, e può in realtà aumentare il rischio di alcune condizioni. Anzi, al contrario: quando restiamo in piedi senza muoverci, la circolazione può risentirne, aumentando la pressione sulle vene delle gambe e favorendo il ristagno del sangue.

Insomma per mantenere in salute il sistema cardiovascolare bisogna fare attività fisica regolare e anche piccoli cambiamenti nella routine quotidiana, come fare pause regolari per camminare o utilizzare le scale, possono avere benefici rilevanti rispetto allo stare fermi, sia da seduti sia in piedi.

Quanta attività fisica si dovrebbe fare per avere un beneficio sulla salute cardiovascolare?

Anche una breve attività intensa di sei minuti o 30 minuti di attività moderata al giorno possono ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, anche per chi trascorre molte ore seduto per lavoro o altre necessità.
La vera differenza non sta nel tempo trascorso seduti o in piedi, ma nel movimento attivo: il consiglio è quello di programmare attività regolari durante la giornata come brevi passeggiate, sessioni di stretching o l’uso delle scale.

Bibliografia e fonti

Università di Sydney

Credit foto: Adobe free stock

Dott Francesco Collarino
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